Oggi 1 dicembre 2023 l’avvocato Maria Giovanna Ruo ha rilasciato un’intervista su TGSKY24 sulle “adozioni complicate”. Ha così definito quelle situazioni in cui, durante un procedimento per l’accertamento del suo eventuale stato di abbandono, una persona di età minore è collocata in “affidamento a rischio giuridico” presso una coppia disponibile all’adozione. La coppia viene informata del rischio giuridico, e cioè del fatto che quel minore potrebbe anche non essere in stato di abbandono, non essere quindi dichiarato adottabile in esito al procedimento e quindi, dover (ri)entrare nella famiglia di origine. Ma accetta tale “rischio”: accoglie la persona di età minore, la cresce, la educa, lenisce la sua ferita dai traumi ricevuti. Dà amore e riceve amore: si instaura una relazione affettiva d’amore che costituisce “Famiglia.”
Perché, anche nel caso in cui poi non sia accertato lo “stato di abbandono”, e cioè di radicale mancanza di cure materiali e morali, questi minori hanno comunque sempre vissuto situazioni per loro gravemente pregiudizievoli che comporta una grande ferita. Questo comporta che si tratti di bambini che hanno bisogno di molto amore, di molta attenzione, di molta pazienza e accompagnamento per superare i traumi subiti.
Passa il tempo dei processi, la persona di età minore cresce con la coppia che l’ha accolto, quella mamma e quel papà, che costituiscono tutto il suo orizzonte affettivo, tutto il suo mondo e le sue sicurezze. La relazione d’amore è l’unica a garantirgli certezze e sicurezze.
A volte però succede che i procedimenti arrivino alla conclusione che in realtà non si trattasse di abbandono, che il minore non sia quindi adottabile e debba tornare nella famiglia di origine, che talvolta però nemmeno conosce; e debba invece lasciare quella che per lei/lui è la sua famiglia, tutto il suo mondo affettivo, le sue consuetudini, le sue certezze, “il luogo d’amore”. Per questa ragione si parla di “affidamento a rischio giuridico”.
La persona di età minore, strappata da tale realtà, rivive quindi il caos emotivo ed esistenziale e la ferita emotiva dell’abbandono, che può segnarlo per sempre. Certamente l’art. 1 della l. 184/1983 afferma che il minore ha diritto alla sua famiglia. C’è da chiedersi se l’interpretazione automatica della norma, che viene applicata nel senso del rientro necessario nella famiglia di origine, anche quando sono passati anni, non debba essere abbandonata per una interpretazione sistematica che, metta al centro i bisogni della persona di età minore, considerando più correttamente “sua famiglia” quella degli affetti, se meglio risponde alle sue esigenze.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 183/2023, ha in un qualche modo legittimato l’adozione aperta; c’è l’istituto dell’adozione mite. Sono bimbi che nella loro storia hanno iscritta una molteplicità di affetti: allora perché giuridicamente non tutelarli con questi istituti? Così viene garantito anche il rapporto con la famiglia di origine, ma rispettando il diritto del minore alla sua vita privata e familiare, dove si è radicata e quindi il suo diritto alla vita familiare ai sensi dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, non sottoponendolo al trauma violento dell’espianto dalla sua unica realtà affettiva e il “trapianto” in una realtà per lui ignota.
Si tratta di persone, fragili e vulnerabili, che debbono essere protette e non possono pagare gli eventuali ritardi ed errori di procedimenti e procedure, in nome di principi astratti, ma debbono essere tutelati nel concreto della loro realtà affettiva ed esistenziale.
Per guardare l’intervista dell’avvocato Ruo, seguite questo link.