Gli accordi che, in ambito di separazione e divorzio, trasferiscono immobili o vi costituiscono diritti reali, sono validi ed efficaci
Il principio è stato affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 21761/2021.
Prima di tale pronuncia, si era dubitato della possibilità di prevedere trasferimenti immobiliari – o la costituzione di diritti reali, quali ad es. usufrutto e diritto di abitazione – negli accordi di separazione, divorzio o scioglimento dell’unione civile (ad es. da un coniuge all’altro o in favore dei figli). Tale tesi si fondava soprattutto sul testo dell’art. 29 comma 1bis della l. 52/1985 (come formulato dall’art. 19 del d.l. 78/2010), che attribuisce unicamente al notaio il compito di individuare gli intestatari catastali dell’immobile e di verificare la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari: “gli atti pubblici e le scritture autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
Coloro che erano contrari, affermavano quindi che, in assenza di un notaio, non potesse darsi luogo a trasferimenti immobiliari o alla costituzione di diritti reali su tali beni, consentendosi semmai ai coniugi (o agli uniti civilmente) di statuire negli accordi di separazione o divorzio solo l’obbligo di trasferire il bene in un secondo momento (c.d. accordi ad efficacia obbligatoria).
Con la sentenza n. 21761/2021, le Sezioni Unite della corte di Cassazione hanno invece affermato la validità delle “clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta o di separazione consensuale che riconoscono ad uno o a entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili o di altri diritti reali ovvero operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale di udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume la forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio […]ovvero dopo l’omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell’articolo 2657 c.c.”.
Secondo le Sezioni Unite, il verbale di udienza, redatto dall’ausiliario del giudice (ossia dal cancelliere) è da considerarsi a pieno titolo un atto pubblico – come può esserlo l’atto di un notaio, alla cui figura professionale, peraltro, la norma sopra menzionata riserva unicamente il compito di individuare “gli intestatari catastali” e verificare “la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari -.
Successivamente alla pronuncia delle Sezioni Unite, al cancelliere sono stati attribuiti poteri di controllo sull’accordo di trasferimento o di costituzione di diritti reali e alle parti degli oneri di allegazione, alla stregua dell’articolo 29 comma 1bis della l. 52/1985 come formulato dall’art. 19 del d.l. 78/2010. Per coadiuvare le parti nell’individuazione della documentazione da produrre necessariamente in giudizio e delle dichiarazioni da effettuare, numerosi Tribunali hanno adottato delle prassi o dei protocolli specifici.
Gli stessi principi sono applicabili per le medesime ragioni agli accordi in caso di scioglimento dell’unione civile e di affidamento e mantenimento di figli di genitori non coniugati e relative modifiche.
l’accordo che trasferisce beni immobili o costituisce diritti reali sugli stessi ha natura negoziale e puo’ essere impugnato con i relativi strumenti
L’accordo di trasferimento immobiliare o che costituisce diritti reali su immobile sarà inserito nella sentenza che definisce il procedimento, ma conserva la propria natura negoziale: fa parte del c.d. contenuto “eventuale” del giudizio, che si aggiunge a quello c.d. “necessario”, attinente alla questione di status, all’eventuale contributo economico per il coniuge o ex coniuge economicamente debole (o unito civilmente in caso di unione civile) e, se ci sono figli, al loro affidamento, alle condizioni che regoleranno la loro relazione con i genitori, al contributo al loro mantenimento, all’assegnazione della casa coniugale.
Anche se inserito nella sentenza che definisce il procedimento, la corte di Cassazione ha ritenuto tali accordi equiparabili a pattuizioni negoziali atipiche ex art. 1322, comma 2, c.c.; ha quindi qualificato la sentenza che li contiene (nella fattispecie di divorzio resa ai sensi dell’art. 4, comma 16, della legge 898/1970) come pronuncia a valore meramente dichiarativo in relazione a tali pattuizioni. Il che vuol dire che ne dichiara, contenendoli, validità ed efficacia, che risiedono però nella volontà delle parti, autonoma rispetto all’assetto dei loro beni.
Ugualmente, tali accordi conservano la loro natura negoziale se vengono raggiunti all’esito di un procedimento di separazione giudiziale e confluiscono nella sentenza con cui è stato definito il giudizio( Cass. 26127/2024).
Al riguardo bisogna tenere presente che, a seguito della riforma Cartabia, anche il giudizio di separazione consensuale si conclude con sentenza (e non più, come in precedenza, con decreto di omologa).
Dall’efficacia meramente dichiarativa del provvedimento che ha recepito l’accordo e dalla natura negoziale dello stesso, deriva l’applicabilità delle ordinarie impugnative negoziali a tutela delle parti e dei terzi, anche dopo il passaggio in giudicato della decisione (Cass. 26127/2024). Sono tali ad es. i procedimenti volti ad accertarne la nullità, a far valere la simulazione, l’azione revocatoria, etc. Non sarebbe invece utilizzabile come strumento l’opposizione di terzo.
Ne consegue anche che non sono tendenzialmente suscettibili di modifica delle condizioni – o in sede di divorzio, se l’accordo è stato raggiunto nel corso della separazione -, non potendosi riformare i patti autonomi, che restano a regolare i reciproci rapporti tra le parti ai sensi dell’art. 1372 (Cass. 5061/2021; Cass. 6444/2024).
Poiché il trasferimento immobiliare stipulato in sede di accordi di separazione, divorzio, scioglimento dell’unione civile, affidamento e mantenimento dei figli dei genitori non coniugati è un “contratto atipico”, la corte di Cassazione ha escluso la rilevanza dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex art. 162, 4 comma, c.c. e della trascrizione ex art. 2647 c.c., previste invece per la c.d. “convenzione matrimoniale” (strumento che implica la convivenza e la scelta di un regime patrimoniale dei coniugi), con la conseguente opponibilità di un’ipoteca iscritta dal creditore sull’immobile trasferito, anche se successiva a tali forme di pubblicità – Cass. 32975/2024 -.
Accordo nullo se è omessa l’attestazione da parte del cancelliere sulla sussistenza delle dichiarazioni catastali ed urbanistiche delle parti
Come anticipato, la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l’attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1bis della legge n. 52 del 1985, come introdotto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla L. n. 122 del 2010.
Se manca l’attestazione relativa alle dichiarazioni catastali e urbanistiche, “occorre dichiarare d’ufficio, ex art. 1421 e 1419 c.c., la nullità della pattuizione da cui discende il trasferimento o costitutiva del diritto reale” (Cass. 33360/2024).
A tale riguardo, si deve rilevare che il quarto comma dell’art. 46 TU 380/2001 prevede la possibilità di confermare l’atto nullo; ma la conferma deve essere effettuata con espressa dichiarazione in tal senso contenuta in un atto redatto nelle medesime forme del precedente, che contenga le menzioni omesse (“4. Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa”). Non sono ammesse forme di conferma equipollenti a quella prevista dalla legge (Cass. 33360/2024; Cass. 14804/2017).
Non produce nullità del trasferimento, invece, il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica, che resta irrilevante, circa l’intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari: l’ultima parte dell’art. 29, comma 1 bis, l. 52/1985, infatti (ove come detto si fa riferimento al solo “notaio”) non sanziona con la nullità dell’atto una simile omissione (Cass. SS.UU. 21761/2021; Cass. 33360/2024).
Trasferimenti immobiliari: e’ possibile l’azione revocatoria
I trasferimenti immobiliari o la costituzione di diritti reali su beni immobili in occasione di accordi separativi (nel senso di cui sopra) possono essere “onerosi” o “gratuiti”.
Da tempo la giurisprudenza “riconosce che le attribuzioni patrimoniali dall’uno all’altro coniuge, in quanto attuate nello spirito degli accordi di sistemazione dei rapporti patrimoniali fra i coniugi in occasione dell’evento di separazione consensuale, sfuggono sia alle connotazioni classiche dell’atto di donazione vero e proprio e, dall’altro, a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l’assenza di un prezzo corrisposto); tali attribuzioni, sempre secondo il consolidato indirizzo di legittimità, svelano la loro “tipicità”, la quale, di volta in volta, può colorarsi dei tratti della obiettiva onerosità oppure di quelli della gratuità”.
La natura del trasferimento in sé rileva in relazione all’esperibilità dell’azione revocatoria. Difatti l’articolo 2901, comma 1, n. 2 richiede che, in caso di atto a titolo oneroso, il terzo sia consapevole del pregiudizio […]). Ebbene, “in difetto di elementi che lascino trasparire che la cessione dell’immobile abbia natura solutoria di un obbligo, deve escludersi la natura onerosa dell’atto dispositivo, con conseguente irrilevanza della consapevolezza, in capo al terzo del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie” (Cass. n. 26127/2024).
Secondo la sentenza da ultimo menzionata, “l’onerosità dell’attribuzione patrimoniale non può farsi discendere tout court dall’astratta sussistenza di un obbligo legale di mantenimento, ma può emergere dall’esigenza di riequilibrare o ristorare il contributo apportato da un coniuge al ménage familiare e non adeguatamente rappresentato dalla situazione patrimoniale formalmente in essere fino al momento della separazione. Se ne trae che la qualificazione dell’atto dispositivo per cui è causa come atto a titolo oneroso o come atto a titolo gratuito dipende dalla possibilità di ricondurlo, in concreto, ad una causa che, trovando titolo nei pregressi rapporti anche di natura economica delle parti e nella necessità di darvi sistemazione nel momento della dissoluzione del vincolo, giustifichi lo spostamento patrimoniale tra i coniugi”. La sentenza ribadisce un principio di diritto già consolidato.
I trasferimenti immobiliari possono essere utilizzati per il mantenimento dei figli
La menzionata sentenza delle Sezioni Unite della corte di Cassazione n. 21761/2021, confermando precedenti indirizzi giurisprudenziali, ha affermato la possibilità di adempiere all’obbligo di mantenimento per i figli mediante il trasferimento di uno o più beni immobili: “L’obbligo di mantenimento dei figli minori (ovvero maggiorenni non autosufficienti) può essere adempiuto dai genitori -nella crisi coniugale -mediante un accordo che, in sede di separazione personale o di divorzio, attribuisca direttamente -o impegni il promittente ad attribuire -la proprietà di beni mobili o immobili ai figli, senza che tale accordo (formalmente rientrante nelle previsioni, rispettivamente, degli artt. 155, 158, 711 cod. civ. e 4 e 6 della legge n. 898 del 1970, e sostanzialmente costituente applicazione della «regula iuris» di cui all’art. 1322 cod. civ., attesa la indiscutibile meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti) integri gli estremi della liberalità donativa, ma assolvendo esso, di converso, ad una funzione solutorio-compensativa dell’obbligo di mantenimento. L’accordo in parola, comporta l’immediata e definitiva acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori abbiano loro attribuito, o si siano impegnati ad attribuire; di talché, in questa seconda ipotesi, il correlativo obbligo, è suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. (Cass., 21/02/2006, n. 3747; Cass., 23/09/2013, n. 21736, secondo cui tale pattuizione non è affetta da nullità, non essendo in contrasto con norme imperative, né con diritti indisponibili)”.
Trasferimenti immobiliari: sono possibili con la negoziazione assistita dagli avvocati
Trasferimenti immobiliari e costituzione di diritti reali su immobili, sono possibili anche con la procedura di negoziazione assistita dagli avvocati in materia di famiglia.
Il D.Lgs. 149/2022, che ha modificato l’articolo 6, comma 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, ha però previsto che tali accordi abbiano efficacia soltanto “obbligatoria”.
Concretamente, mentre la sentenza che definisce il procedimento giudiziale dichiara la validità e l’efficacia reale degli eventuali patti di trasferimento immobiliari, l’accordo in negoziazione assistita ha solo efficacia di obbligare le parti a recarsi poi da un Notaio e stipulare l’atto di trasferimento immobiliare o di costituzione di diritti reali: quindi, a seguito della stipula dell’accordo negoziato, le parti dovranno necessariamente concludere con un atto pubblico rogato da un notaio.
Invero, la Corte di cassazione (Cass. sent. n. 1202/2020) aveva affermato che, ogni qualvolta l’accordo raggiunto dai coniugi in sede di negoziazione assistita ricomprende anche il trasferimento della proprietà o di altri diritti reali su beni immobili, per procedere alla trascrizione dell’accordo di separazione (o di divorzio) era da considerarsi necessaria l’autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 3, cit. In altri termini, in virtù di tale orientamento giurisprudenziale, l’accordo di negoziazione assistita avrebbe anche potuto prevedere trasferimenti immobiliari con efficacia reale, ma il notaio avrebbe dovuto autenticare l’accordo e procedere ai dovuti controlli formali; mentre gli avvocati negoziatori, sottoscrittori dell’accordo negoziato, non avrebbero avuto tale potere.
Esenzione da tasse e imposte
I trasferimenti immobiliari disposti in sede di separazione o divorzio consensuali, o negoziazione assistita sono fiscalmente vantaggiosi.
Difatti sono esenti dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale e tassa d’archivio per. l’articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, infatti, dispone che “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Questo articolo è stato redato dall’Avvocato Avv. Valerio Crescenzi