La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia a risarcire le parti ricorrenti per la violazione dell’art. 8 della Convenzione EDU riconoscendo la legittimazione attiva nei procedimenti dinnanzi a sé del Curatore Speciale dei minori nominato nel procedimento interno.
La fattispecie riguarda un padre e i suoi due figli i quali non hanno più avuto relazioni con lui per volere della madre. Il procedimento è stato caratterizzato da una serie di provvedimenti emessi allo stesso tempo da Tribunale per i Minorenni e da Tribunale Ordinario, accavallatisi e spesso in contraddizione: il Tribunale ordinario ha riconosciuto il diritto alla relazione padre-figli su conformi conclusioni anche del curatore speciale; per la riforma di tale sentenza, la madre ha proposto appello di cui il curatore ha richiesto il rigetto; nel mentre il Tribunale per i minorenni, mentre il procedimento pendeva dinnanzi alla Corte di appello, ha sospeso la relazione padre-figli. Il padre ha proposto reclamo di questo ulteriore provvedimento in Corte di appello e il curatore ne ha chiesto l’accoglimento, richiedendo anche la riunione dei procedimenti contestualmente pendenti dinnanzi alla stessa Corte (quello di appello della sentenza del To della madre e quello di reclamo del decreto del TM proposto dal padre).
La Corte di appello ha dichiarato non potersi riunire trattandosi di procedimenti diversi, ha rigettato l’appello della madre, ha accolto il reclamo del padre per la riforma del provvedimento del TM, disponendo la ripresa degli incontri che, in ben 6 anni, si erano verificati una sola volta.
La legittimazione attiva del Curatore Speciale dinnazi alla Corte EDU
Il procedimento dinnanzi alla Corte EDU è originato da due ricorsi presentati contestualmente: uno paterno e l’altro dal Curatore Speciale, in persona dell’Avv. M.G. Ruo. Questo secondo ricorso -introdotto dallo Studio Legale Ruo Piazzoni- presentava una peculiarità: infatti, il Curatore Speciale ha poteri di rappresentanza processuale nel procedimento in cui è nominato e nei gradi successivi dello stesso (a meno che non sia esplicitamente previsto diversamente: ad es. c.d. poteri sostanziali previsti dalla Riforma Cartabia che peraltro, all’epoca dell’introduzione del procedimento, non era ancora in vigore); il procedimento dinnanzi alla Corte EDU per violazione della CEDU non è ulteriore grado del giudizio interno e, pertanto, la legittimazione del Curatore Speciale ad adire la Corte presentava elementi di dubbio.
Sebbene non sollevata la questione dallo Stato italiano, la Corte EDU ha ritenuto dover comunque preliminarmente esaminarla, stabilendo che il Curatore Speciale del Minore ha legittimazione attiva dinnanzi a sé, anche in assenza di procura specifica.
Ciò si verifica, secondo Strasburgo, nei casi in cui la vittima della violazione ha caratteristiche di particolare vulnerabilità (dovuta ad esempio all’età) che le impedirebbero di proporre autonomamente un ricorso alla Corte e, il soggetto che in loro nome e per loro conto lo introduce, ha con tale vittima un legame specifico e comprovato.
La Corte EDU ha quindi attuato un approccio non restrittivo e puramente formale per quel che concerne il ministero difensivo in favore dei minori ritenendo, diversamente, impossibile in alcune circostanze tutelare i diritti garantiti dalla Convenzione. Rilevato che la nomina del Curatore Speciale nell’ordinamento interno è anch’essa espressione dell’art. 8 della Convenzione, la Corte ha sottolineato che la Curatrice Speciale è stata “attiva nella missione lei affidata” difendendo gli interessi dei minori dopo averli incontrati, aver loro spiegato il proprio ruolo ed averne recepito i desiderata ed avendo partecipato attivamente in tutti i procedimenti. La Corte ha inoltre evidenziato che oggetto del procedimento è il medesimo oggetto dei procedimenti nazionali per cui la curatrice è stata nominata. Alla luce di ciò la Corte EDU ha stabilito la legittimazione attiva della Curatrice Speciale dei minori ad adire la Corte e la conseguente ammissibilità del suo ricorso.
La violazione accertata dalla Corte EDU
La Corte EDU ha innanzitutto accertato l’esistenza di un legame familiare ai sensi dell’art. 8 della Convenzione che, come noto, si basa sull’analisi di una circostanza di fatto (non di un dato formale quale può essere il matrimonio) e può essere anche solo potenziale (nel caso in cui il fatto che non si sia realizzato non è imputabile alle parti ricorrenti).
Successivamente, i giudici di Strasburgo hanno sottolineato che sia il padre, sia la madre, non hanno mai cessato di sollecitare le autorità nazionali al fine di ottenere degli incontri padre-figli, che, nonostante vi fossero provvedimenti che li stabilissero, questi non siano stati praticamente mai eseguiti e che, a seguito di una segnalazione negativa dei servizi sociali, il Tribunale per i Minorenni abbia necessitato di quattro anni per prendere una decisione definitiva, comportando, di fatto, la cristallizzazione della situazione di cesura relazionale. Così agendo, lo Stato non ha dato seguito all’obbligazione positiva che gli impone di mettere in campo tutti gli strumenti idonei per permettere la realizzazione della relazione padre-figli, sebbene la curatrice speciale, a partire dal gennaio 2020, avesse costantemente chiesto fosse disposta una calendarizzazione.
La Corte EDU rileva altresì che le autorità giudiziarie non hanno sufficientemente indagato la volontà dei minori di incontrare il padre, né tramite un esperto (ossia tramite una CTU), né tramite l’audizione degli stessi minori (la cui mancanza non è stata giustificata dalle autorità interne). Rileva inoltre che l’unico incontro avvenuto tra padre e figli è avvenuto senza nessun tipo di preparazione degli stessi, dal che è normale che i minori, in immediata successione, vivessero emozioni contrastanti che sarebbero dovute esser supportate da un esperto.
Infine, la Corte EDU ha rilevato: le discrepanze dei due giudizi paralleli (Tribunale per i Minorenni e Tribunale Ordinario), il fatto che il Curatore Speciale è stato nominato con estremo ritardo (dinanzi al TM perché dinanzi al TO è stato nominato subito) e il fatto che la decisione di interrompere gli incontri è stata adottata dal Tribunale per i Minorenni in piena violazione del principio del contraddittorio. Sebbene tali errori siano stati corretti dalla Corte d’Appello, il passare del tempo, come sempre accade nelle questioni di natura familiare, ha comportato conseguenze irrimediabili sulla relazione tra figli e padre. Alla luce di quanto sopra, la Corte ha stabilito che lo stato italiano ha violato l’art. 8 della CEDU tollerando, nei fatti, l’opposizione materna alla realizzazione di un rapporto padre-figli e lo ha condannato a corrispondere Euro 8.000,00 ciascuno ai bambini, oltre al risarcimento di pari importo al padre.
Contributo di Guido Piazzoni. Se desideri saperne di più sul ruolo del curatore speciale, puoi leggere il nostro articolo.