Liberi i genitori di attribuire quello che vogliono
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità delle norme che stabiliscono che ai figli sia automaticamente attribuito il cognome materno. I genitori sono liberi di attribuire quello che vogliono ai figli: paterno, materno, entrambi.
- L’ultima pronuncia della Consulta e i precedenti
L’ufficio stampa della Corte Costituzionale ha comunicato in data 27 aprile 2022 che la Consulta ha dichiarato incostituzionali le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome paterno ai figli. I genitori sono quindi ora liberi di attribuire loro che vogliono ai figli: paterno, materno, entrambi, nell’ordine che desiderano. Se non decidono diversamente, il figlio li assume entrambi nell’ordine stabilito dai genitori; se questi non si mettono d’accordo, vanno dal giudice.
Si tratta dell’ultimo approdo di una battaglia storica, che si snoda attraverso diverse tappe a partire dagli anni ’80 dello scorso secolo con il rigetto da parte del Tribunale di Napoli della domanda della giornalista Iole Natoli di poter attribuire il proprio cognome alle figlie. D’altronde nel 1988 (sent. 586) la Corte Costituzionale dichiarò inammissibile la questione di costituzionalità delle stesse norme ritenendo trattarsi di questione riservata a scelte legislative.
Successivamente, una coppia milanese, Cusan e Fazzo ricorse al Tribunale di Milano per modificare il cognome paterno -attribuito automaticamente alla loro figlia- con il cognome materno. La loro domanda fu rigettata anche dalla Corte di appello e ricorsero in cassazione la quale sollevò questione di legittimità costituzionale della regola che attribuisce automaticamente il cognome ai figli. La Consulta (sent. 81/2006 ) riconobbe la discriminazione nei confronti della madre, affermando che l’attribuzione automatica del cognome era retaggio di “una concezione patriarcale della famiglia” incostituzionale e confliggente con le norme di provenienza sovranazionale come la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW: rat. Nel 1985 e adottata a New York nel 1979), le raccomandazioni del Consiglio d’Europa e le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma ritenne che una pronuncia di incostituzionalità avrebbe aperto una serie di questioni irrisolvibili se non con un intervento legislativo circa il cognome da attribuire.
- La condanna della CtEDU all’Italia e la prima dichiarazione di incostituzionalità della norma
I coniugi Cusan e Fazzo https://www.unionedirittiumani.it/wp-content/uploads/2014/11/cusan-e-fazzo-c.-italia.pdf riuscirono a ottenere la modifica del cognome della figlia ricorrendo alla prefettura in via amministrativa, ma si rivolsero poi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo lamentando violazione da parte dell’Italia dell’art. 14 CEDU (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’art. 8 CEDU (diritto alla vita privata e familiare) per essere stati costretti ad attribuire alla propria figlia il cognome paterno e non essere stata riconosciuta loro nessuna possibilità di determinarlo diversamente. Strasburgo accolse il ricorso (2014). La questione di costituzionalità dell’attribuzione automatica del cognome paterno venne riportata alla Corte Costituzionale nel 2013 dalla Corte di appello di Genova in relazione a un bambino con doppia cittadinanza, che in base a quella brasiliana avrebbe potuto portare anche il cognome materno; il che in Italia non era però stato consentito.
La Consulta, con sentenza 286/2016, dopo aver constatato l’inerzia del legislatore nel decennio in merito al problema evidenziato con la precedente sentenza, affermò che la disparità tra i coniugi in ordine alla trasmissione del cognome non aveva alcuna giustificazione nella salvaguardia dell’unità familiare, segno solo di una superata concezione patriarcale della famiglia: l’unità si tutela con la solidarietà e la pari dignità di moglie e marito. Rilevò che la trasmissione automatica del cognome del padre ai figli nati dal matrimonio non era compatibile con i principi costituzionali di uguaglianza e pari dignità morale e giuridica dei coniugi e dichiarò l’illegittimità costituzionale della norma desumibile da alcune previsioni del codice civile (artt. 237, 262, 299 c.c.), dall’art. 72 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento stato civile); dall’art. 33 e 34 del DPR396/2000 nella parte in cui non consentiva ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli nati dentro o fuori dal matrimonio, e adottivi, al momento della nascita anche il cognome materno. E ciò anche a tutela del diritto all’identità del figlio minorenne. La Corte Costituzionale afferma che è l’uguaglianza dei diritti dei coniugi che garantisce l’unità familiare, non la disuguaglianza. Anche in tale sentenza la Consulta richiamò la necessità dell’indifferibile intervento legislativo che tuttavia non è ancora stato compiuto.
- Ora i genitori sono liberi di attribuire ai figli il cognome che vogliono: materno, paterno, entrambi
Arriviamo così al 27 aprile 2022: la Corte Costituzionale compie il passo definitivo esaminando la questione di costituzionalità delle norme che non consentono ai genitori di attribuire il solo cognome paterno ai figli per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117 primo comma della Costituzione; quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, per la cui violazione l’Italia era stata condannata nel 2014 nel caso Cusan e Fazzo.
Afferma la Consulta che la norma è discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio: entrambi i genitori debbono poter condividere la scelta del suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale.
Di conseguenza la regola è divenuta che il figlio assuma il cognome di entrambi i genitori, nell’ordine che loro decidono insieme; i genitori possono sempre decidere di comune accordo di attribuire anche uno solo dei loro cognomi al figlio. Se sono in disaccordo deciderà il giudice. Sono quindi state espunte dall’ordinamento tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre con riferimento a tutti i figli, nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e adottivi.
Ancora però un ovvio rinvio al legislatore, che dovrà regolare tutti gli aspetti conseguenti e connessi con la pronuncia di incostituzionalità:
In Parlamento, si ha notizia di 6 proposte di legge in Senato e 3 alla Camera: tutte prevedono la libera determinazione dei genitori…ma c’è chi osserva che (la costituzionalista Bassu) che l’impostazione basata solo sulla discrezionalità rischia nei fatti di tradursi sociologicamente nuovamente in una prevalenza del maschile.
Il legislatore dovrà anche pronunciarsi per coloro che sono già nati…
Questo articolo è stato redato dell’Avvocato Maria Giovanna Ruo