Scelte sanitarie di fine vita e amministratore di sostegno: Il tema del “fine vita” è sempre più attuale, dati i progressi della scienza medica che consentono di allungare la vita di molte persone oltre i precedenti traguardi, ma non possono garantire sempre dignità e pienezza di vita.
Spesso vicende drammatiche assurgono all’attenzione della cronaca e diventano motivo per riflessioni sociali, antropologiche e giuridiche. Così ad es. la vicenda Cappato e più recentemente quella di Samantha D’Incà: la giovane è in coma irreversibile dal dicembre 2020, a seguito di un’infezione batterica successivo a un intervento banale. Vive attaccata a una macchina, non ha concrete possibilità di miglioramento. I genitori hanno chiesto la nomina di Amministratore di Sostegno (ADS). In particolare il padre Giorgio ha chiesto di essere nominato ADS con possibilità di rifiutare per conto della figlia beneficiaria le cure di mantenimento in vita, comprese nutrizione e idratazione artificiale- e di assumere determinazioni in ordine a sedazioni palliative profonde associate alla terapia del dolore. Il Giudice Tutelare ha accolto il ricorso, nominando il padre e attribuendogli quale ADS i poteri richiesti, dopo l’acquisizione di pareri di esperti nonché del Comitato etico delle Dolomiti. Preliminarmente è stata ricostruita la volontà della giovane, come dovuto in base alla normativa vigente.
Lo snodo legislativo è stato la l. 219/2017 che nel quadro degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, nonché di quelli di cui agli articoli 1, 2 e 3 del Trattato dei diritti fondamentali UE ha disciplinato il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento, stabilendo all’art. 3 che, in caso di persona incapace, tale consenso debba essere prestato dal suo rappresentante -ADS in questo caso, o tutore in altri o genitore in caso di minorenni, ma tenendo conto della volontà del beneficiario (art. 3, co. 4). In caso di contrasto tra medico e ADS, deve decidere il Giudice Tutelare che è anche competente per la nomina di Amministratore di sostegno.
La Corte Costituzionale ha chiarito con la sentenza 13 giugno 2019, n. 144 che l’ADS, anche se ha rappresentanza del beneficiario in ambito sanitario non ha di per sé il potere di accettare/rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita (di sostegno vitale), essendo sempre necessario che tali poteri gli siano stati espressamente attribuiti dal giudice.
Se il beneficiario non ha lasciato Disposizioni Anticipate di Trattamento, sarà quindi necessaria un’indagine approfondita e complessa per stabilire la volontà del beneficiario, dato che l’Amministratore di sostegno non deve sostituire la sua volontà, compiere scelte per il beneficiario ma con il beneficiario, ascoltandolo nel suo best interest. Bisognerà quindi ricostruirne la volontà circa il suo fine vita attraverso le dichiarazioni rese ad amici, parenti, pubbliche e private, in diversi contesti approfondendo la sua dimensione esistenziale e anche -ovviamente- di fede.
In ambito europeo varie sono le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si ricordano in particolare le due pronunce Lambert c. Francia e Koch c. Germania. Il primo caso riguarda un giovane ridotto allo stato vegetativo dopo un grave incidente stradale per il quale viene autorizzata la sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiale, oltre che degli altri trattamenti sanitari, dopo accurata indagine sulle sue opinioni in materia di fine vita. Il secondo caso citato riguarda la posizione del marito di una donna che aveva chiesto inutilmente alle Autorità di poter addivenire alla fine della sua vita, scelta che le era stata negata. Era poi deceduta e lo Stato viene condannato dalla Corte europea ritenendo ammissibile il suo ricorso in quanto vittima per la sofferenza che tale illegittima ingerenza delle Autorità gli aveva provocato amando profondamente la propria moglie.
Nella prospettiva sempre più concreta ed attuale che la vita sia prolungata, con perdita a volte della dignità personale, è opportuno che ciascuno provveda alla Dichiarazione Anticipata di Trattamento in cui esprimere chiaramente la propria volontà circa alimentazione e idratazione artificiale, accanimenti terapeutici e terapie palliative. È anche un atto di amore per sollevare i congiunti dal difficilissimo compito di ricostruire, in momenti drammatici, la volontà del proprio caro.
Questo articolo è stato redato dall’avvocato Maria Giovanna Ruo.