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I procedimenti contenziosi di separazione, divorzio e scioglimento dell’unione civile

Questo articolo è il primo di una serie che ha come obiettivo spiegare in modo semplice gli aspetti essenziali del diritto di famiglia: inizieremo con l’analisi dei procedimenti contenziosi di separazione, divorzio e scioglimento dell’unione civile che, sebbene siano differenti da un punto di vista di diritto sostanziale (ossia le conseguenze su diritti e doveri delle parti e sul loro status), sono simili da un punto di vista processuale.

Le norme descritte nel presente articolo si applicano a tutti i procedimenti iniziati prima del 1.03.2023, data in cui è entrata in vigore parte della c.d. Riforma Cartabia che ha riformato il processo in materia di famiglia, persone e minori, come descritto in altro approfondimento che potete trovare qui.

Tipi di procedimenti: contenziosi e non contenziosi

I procedimenti di separazione, divorzio e scioglimento dell’unione civile possono essere di due tipologie:

  1.  Contenziosi[i] (a volte impropriamente detti giudiziali): implicano che non vi sia un accordo tra le parti che intendono separarsi, divorziare o sciogliere la loro unione civile anche solo su alcuni degli aspetti che devono essere regolati (ad es. mantenimento dei figli, mantenimento del coniuge, casa familiare, assegno divorzile, tempi di frequentazione con la prole, modalità di affidamento, ecc..);
  2. Non contenziosi (a volte impropriamente detti consensuali): presuppongo invece sia stato raggiunto un accordo tra le parti; ne parleremo in altro approfondimento.

Procedimenti contenziosi

I procedimenti contenziosi di separazione, divorzio e scioglimento dell’unione civile richiedono l’assistenza di un avvocato e presentano minime differenze.

1. FASE INTRODUTTIVA

Vengono introdotti con ricorso presentato, in caso di separazione, al Tribunale competente territorialmente ossia quello dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio (art. 706 c.p.c.), in caso invece di divorzio o di scioglimento dell’unione civile, nel luogo in cui il coniuge (o l’unito civilmente) convenuto ha residenza o domicilio (art. 4 l. 898/1970 e art. 1, co, 25, l. 76/2016). Per residenza comune, come si vedrà meglio in altro approfondimento, non deve intendersi la residenza anagrafica, ma il luogo nel quale, di fatto, si è sviluppata la vita familiare.

Nel caso di divorzio, il ricorso può essere presentato un anno dopo la celebrazione della prima udienza del procedimento di separazione giudiziale definita con sentenza passata in giudicato (o sei mesi nel caso la separazione sia stata consensuale). Nel caso invece di scioglimento dell’unione civile, il ricorso potrà essere introdotto decorsi tre mesi dal momento in cui si è manifestata (anche disgiuntamente) la volontà di procedere allo scioglimento dinnanzi all’ufficiale di stato civile.

Il Presidente del Tribunale fissa con decreto la data per la prima udienza alla quale dovranno comparire entrambi i coniugi (o gli uniti civilmente). Nel decreto è indicato termine per la notifica dell’atto all’altro/a coniuge o unito/a civilmente, termine per la relativa costituzione entro il quale entrambe le parti devono anche depositare documentazione specifica, che varia a seconda della prassi del Tribunale competente. Di norma, include le ultime tre dichiarazioni dei redditi e dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui ciascuna parte indica le fonti di reddito, patrimonio (mobiliare e immobiliare), e spese regolarmente sostenute (collaboratori domestici, mutui ecc.).

2. FASE PRESIDENZIALE

La fase presidenziale normalmente si conclude con una sola udienza davanti al Presidente del Tribunale: le Parti si debbono presentare personalmente (assistite dai rispettivi avvocati); in caso di impedimento può comparire un procuratore munito di procura speciale. Il Presidente le ascolta separatamente (prima il Ricorrente e poi il Resistente), e poi congiuntamente. Il Presidente, esperito il tentativo di conciliazione, emette con ordinanza i provvedimenti provvisori e urgenti, con i quali stabilisce: eventuale contributo al mantenimento del coniuge debole economicamente, affidamento e collocamento dei figli minorenni, loro relazione con il genitore non convivente, mantenimento anche di quelli maggiorenni aventi diritto nonché – se vi sono figli – assegnazione della casa familiare. Tale provvedimento è destinato a durare fino a sentenza definitiva salvo che non sia modificato per fatti sopravvenuti. Inoltre nell’ordinanza presidenziale è nominato il giudice istruttore e sono assegnati alle parti termini per deposito di memoria integrativa per ricorrente e memoria di costituzione per resistente.

Se sono necessari approfondimenti il Presidente, emessa ordinanza con misure interinali provvisorie e urgenti, può ordinare produzione documentale o disporre CTU sull’idoneità genitoriale. In esito, emette nuova ordinanza con provvedimenti provvisori e urgenti (eventualmente modificativa della precedente), nominando il giudice istruttore e assegnando alle parti i termini per il deposito delle rispettive memorie. L’ordinanza presidenziale può essere reclamata davanti alla Corte d’Appello e definisce la fase presidenziale.

3. FASE DI MERITO

  • il Ricorrente deposita la c.d. “memoria integrativa” e il resistente la memoria di costituzione, con cui chiedono al Tribunale di decidere relativamente a:
    • status (ossia dichiarare le parti separate, divorziate, o lo sciolti dal vincolo dell’unione civile);
      • collocamento dei figli, ove ce ne siano, e modalità di frequentazione;
      • assegnazione della casa familiare, ove ce ne siano i presupposti;
      • assegno di mantenimento per i figli, ove ce ne siano;
      • assegno di mantenimento (o assegno divorzile) in favore di uno dei coniugi/uniti civilmente, ove che ne siano i requisiti;
      • varie ed eventuali;

Quasi sempre, si richiede sentenza sullo status (separato/a, divorziato/a, non più unito/a civilmente) all’inizio della fase di merito: in questo caso la causa viene rimessa dal Giudice Istruttore al collegio perché provveda su questo aspetto. La sentenza può essere impugnata dinnanzi alla Corte d’Appello competente.

  • nella prima udienza le parti chiedono termini per le memorie istruttorie, che sono quelle con cui si depositano la maggior parte dei documenti a sostegno delle proprie richieste, si chiedono le prove orali (interrogatorio di controparte e testimonianze) eventuali consulenze tecniche d’ufficio e indagini patrimoniali. Si tratta di 3 per parte e sono previste dall’art. 183 c.p.c., VI comma c.p.c.
    • all’udienza successiva il giudice decide -eventualmente riservandosi- quali prove ammettere fissando le relative udienze. Se lo ritiene necessario, dispone Consulenza Tecnica d’Ufficio, nomina il perito, formula i quesiti, stabilisce l’udienza per il giuramento e i termini per la CTU.

4. FASE DECISORIA

Conclusa l’istruttoria, il Giudice Istruttore fissa l’udienza in cui le parti precisano le conclusioni (ossia le proprie domande) a norma dell’art. 189 c.p.c. e chiedono i termini per comparse conclusionali (nelle quali si ripercorre tutto quello che è successo nel procedimento e si dimostrano le proprie ragioni) e repliche, e rimette la causa al collegio per la decisione.

I procedimenti si concludono con sentenza impugnabile dinnanzi alla Corte d’Appello competente. Il termine per l’impugnazione è di 30 giorni dal giorno della notifica (se avviene): altrimenti di 6 mesi.

5. SPESE DI GIUSTIZIA

Molte volte viene chiesto: chi chiede la separazione, il divorzio o lo scioglimento dell’unione civile paga?

Certamente chi inizia il procedimento deve sostenere le spese relative al Contributo Unificato ad oggi stabilito nella misura fissa pari ad Euro 98,00.

Per quello che invece concerne le spese sostenute da parte convenuta, ossia da chi “subisce” la domanda di separazione, è necessario chiarire come funziona la “condanna alle spese”. Sebbene vi sia un principio generale che prevede che il soccombente in un procedimento civile debba esser condannato alle spese processuali sostenute dall’altra parte, nei procedimenti di famiglia ciò accade raramente, in ragione del fatto che è estremamente difficile individuare una parte soccombente.

Certamente, non è onerato a pagare le spese di giustizia chi inizia il procedimento, solo per averlo iniziato, ma l’eventuale soccombenza è determinata sulla base di domande inidonee e spropositate, oppure in ragione di comportamenti processuali non corretti. Pertanto, normalmente, ognuno si fa carico delle spese del proprio avvocato (a meno che non sia ammesso al patrocinio a spese dello stato) e non di quelle dell’altra parte.

Questo articolo è stato redato dell’avvocato Guido Piazzoni